Deducibilità spese alberghiere per professionisti

 

Se il professionista non addebita al cliente le spese o le addebita in misura forfetaria, gli oneri sostenuti saranno deducibili nella misura limitata a seguito dell’applicazione di un “doppio” limite.

Doppio limite deducibilità spese

Primariamente i predetti oneri saranno considerati nella misura limitata del 75%. La spesa così determinata sarà deducibile entro il limite massimo pari al 2% dei compensi percepiti nel periodo di imposta. Quindi la parte della spesa pari al 25% non sarà in ogni caso deducibile, per l’importo residuo dovrà essere effettuata la verifica della capienza. Se ne dovrà quindi tenere conto in sede di registrazione contabile della spesa.

Le spese alberghiere e di ristorazione sostenute dai dipendenti

Per le spese alberghiere e di ristorazione sostenute dai dipendenti  non è applicabile il limite del 75%.

In tal caso dovrà essere utilizzato un altro conto che, in sede di trasferimento dei dati dalla contabilità alla dichiarazione dei redditi, preveda la deduzione integrale, quindi del 100%. Viceversa, qualora in sede di contabilizzazione sia stato utilizzato un conto non appropriato, che determini il trasferimento del costo all’interno del quadro RE nella misura limitata del 75%, sarà necessario intervenire sul Modello Redditi 2021. Tale circostanza, determinerà, però, un disallineamento con le risultanze contabili che dovrà essere corretto al fine di evitare di spiegare nell’eventualità di una verifica, l’accaduto.

Addebito analitico delle spese di trasferta del professionista

Per l’addebito analitico delle spese relative alla trasferta del professionista l’articolo 54 del TUIR prevede che se il professionista addebita analiticamente/distintamente le spese sostenute per la trasferta, non si applicano i predetti limiti del 75% e del 2% dei compensi.

Le spese alberghiere e relative alla somministrazione di alimenti e bevande se addebitate al cliente costituiscono compensi soggetti ad imposizione. Se il cliente è un sostituto di imposta deve operare la relativa ritenuta d’acconto ai sensi dell’art. 25 del D.P.R. n. 600/1973.
Tuttavia, se le spese non vengono addebitate unitamente ai compensi, ma risultano indicate distintamente nella fattura, il professionista potrà considerare in deduzione le spese sostenute e poi addebitate senza l’applicazione dei predetti limiti.

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Aumento di capitale : tipologie e regole

Possiamo individuare tre modalità di aumento del capitale sociale:
– a pagamento;
– misto;
– a titolo gratuito.

Aumento del capitale a pagamento

L’aumento del capitale a pagamento si realizzerà con il versamento di quanto dovuto da ogni sottoscrittore; quello misto, invece, con il versamento di quanto dovuto da ogni sottoscrittore e con l’utilizzo di riserve.

Aumento del capitale gratuito

L’aumento gratuito del capitale, così chiamato perché il socio non dovrà procedere ad alcun esborso finanziario, si realizza mediante imputazione a capitale di riserve disponibili. Questa forma di aumento del capitale è disciplinata in modo quasi analogo, all’art. 2442 per le Spa ed
all’art. 2481-ter per le Srl.
Tale operazione non comporta un incremento del patrimonio della società, per i motivi appena menzionati, ma assolve unicamente alla funzione di permutare delle poste di bilancio. Ciò avviene con la redazione di apposite scritture contabili che consentono di far confluire ad incremento del capitale componenti attivi già presenti nel patrimonio sociale. L’aumento gratuito del capitale produce quindi l’effetto di permutare in valori indisponibili riserve o fondi che sarebbero stati utilizzabili per altre finalità o distribuiti ai soci a titolo di dividendo.

Imputazione a capitale solo delle riserve e dei fondi disponibili

È possibile imputare a capitale solo le riserve ed i fondi disponibili, ed iscritti come tali in bilancio.
Le riserve, indipendentemente dalla connotazione pratica, si distinguono fondamentalmente in tre grandi categorie:
– i versamenti che la società acquisisce dai soci senza obbligo di restituzione;
– i versamenti che la società acquisisce dai soci con obbligo di restituzione;
– le riserve che la legge prevede che si costituiscano al verificarsi di certe operazioni.

Tra queste, di particolare importanza è la riserva legale, ossia quella che la società deve necessariamente costituire mediante accantonamento ogni esercizio di un ventesimo degli utili.
Le riserve legali, in quanto tali, non sono mai disponibili.

Riserve liberamente disponibili

Sono considerate riserve liberamente disponibili, e quindi utilizzabili ai fini di un aumento gratuito:
le riserve da utili non distribuiti;
le riserve da sovraprezzo, nell’ipotesi di saturazione della riserva legale;
le riserve createsi per effetto di operazioni sul capitale quali la riduzione volontaria o la fusione;
le riserve create con versamenti a fondo perduto o in conto capitale o patrimonio.

Ai fini della imputabilità a capitale delle suddette riserve, si richiede l’allegazione di una situazione patrimoniale di data non anteriore a più di 4 mesi.
Vi sono due modi, alternativi tra di loro, con cui procedere all’aumento gratuito del capitale:
– l’emissione di nuove azioni da attribuire gratuitamente ai soci, in proporzione alla quota di partecipazione;
– l’aumento del valore nominale delle azioni già esistenti.
Nella società a responsabilità limitata, ai sensi dell’articolo 2481, 2° comma, del codice civile, non si farà luogo all’emissione di nuove partecipazioni in quanto a beneficiare dell’aumento sarà la quota il cui valore nominale resterà immutato.

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Agenti e rappresentanti : recesso contratto

Il diritto di recesso è contenuto nel secondo comma dell’art. 1750, dove si precisa che nel contratto di agenzia a tempo indeterminato, a ciascuna delle parti è consentito di porre termine al rapporto (recedere) in qualsiasi momento, dandone preavviso all’altra entro un termine minimo stabilito, variabile in funzione della durata del contratto.

Termine preavviso recesso

Il terzo comma dell’art. 1750 c.c., fissa i termini minimi di preavviso, pari a:

– un mese per il primo anno di durata del contratto;

– due mesi per il secondo anno iniziato;

– tre mesi per il terzo anno iniziato;

– quattro mesi per il quarto;

– cinque mesi per il quinto;

– sei mesi per il sesto e per i successivi.

È consentito poi alle parti di pattuire termini di maggiore durata, precisando che tale possibilità di deroga è condizionata al rispetto da parte del preponente di termini non inferiori a quelli posti a carico dell’agente. La scadenza del termine di preavviso deve coincidere con l’ultimo giorno del mese di calendario.

Risulta rilevante il momento nel quale la comunicazione di recesso viene portata a conoscenza della parte non recedente. Una comunicazione inviata troppo a ridosso della fine del mese rischierebbe infatti di arrivare a destinazione i primi giorni del mese successivo, con la conseguenza che dovrebbe riconoscersi un ulteriore mese di preavviso.

Quest’ultima previsione è derogabile dalle parti, che quindi potranno accordarsi diversamente nel singolo contratto attraverso una clausola specifica che elimini la necessaria coincidenza tra la scadenza del termine di preavviso e l’ultimo giorno del mese. La deroga è altresì automatica con il semplice richiamo della contrattazione collettiva.

Il recesso straordinario riguarda un evento patologico del rapporto, che determina l’alterazione e lo stravolgimento dell’originario regolamento negoziale in funzione dell’esistenza di specifici vizi del rapporto (originari o sopravvenuti) oppure in funzione di un potere di supremazia attribuito ad uno dei contraenti, che gli consente dunque di liberarsi dal vincolo contrattuale.

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